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C’era un tempo in cui i Solaris venivano visti come una delle tante bands sconosciute e mitizzate di cui i collezionisti si contendevano i rarissimi lp (e io avrei definito pazzo chi mi avesse detto che un giorno ci avrei anche giocato a calcetto insieme!). Che strano quindi avere qui il loro nuovo album, sapendo che non si tratta di una delle mille reunions, ma che il gruppo è sempre rimasto più o meno attivo. Le mitiche melodie di “Marsbeli kronikák” e di “1990” sono un ricordo, dato che questo disco sembra una via di mezzo tra Mike Oldfield e gli Enid... e fin qui tutto bene, senonché c’è penuria di buone idee... o quanto meno non c’è abbondanza. A lungo sembra infatti di ascoltare la musica di sottofondo dell’intervallo televisivo, con inserti di musica elettronica che non stonano nel contesto ma che comunque non fanno una bellissima impressione. Dei vecchi Solaris è rimasta qualcosa, qualche melodia di flauto, purtroppo esso stesso non più tanto presente. Il disco, nelle sue sonorità e tematiche, ha velleità mistiche e misteriose, per far onore al titolo (e al sottotitolo: “Book of prophecies”), e si sprecano quindi i cori apocalittici di sottofondo; tuttavia l’intento rimane quanto meno inespresso e un po’ pretenzioso.
AN
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