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Si tratta del debutto in veste solista di Attila Kollár, flautista dei miei adorati Solaris. Nonostante i musicisti dei Solaris lo accompagnino nella sua avventura solitaria, non possiamo qui parlare di un Solaris-bis, pur con vaghe rassomiglianze col gruppo madre. Certo sempre di musica interamente strumentale parliamo, il flauto è lo stesso, come similare è la cura per la melodia, però in questa stregoneria musicale si può trovare di tutto e di più. Se la base di partenza è un progressive classicheggiante non troppo complicato dalle influenze medioevali e soprattutto rinascimentali, tra le splendide melodie disegnate principalmente dal flauto fanno capolino ora passaggi folkeggianti, ora momenti più intimisti, ora ancora più rockeggianti, talvolta vagamente jazzati, e non manca, ahimè, qualche orchestrazione pacchianotta anzichenò, a seconda dell'atmosfera che il nostro Attila vuole ottenere. Questa ricchezza di situazioni musicali però non sempre è amalgamata alla perfezione, ed inoltre talvolta i temi melodici sono sviluppati troppo in lungo, ma il talento è innegabile, e più di una volta durante l'ascolto di questo disco resterete incantati dalla bellezza delle melodie sviluppate.
RP
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